uando si parla di emergenza Coronavirus, quasi sempre si pensa all’impatto che essa sta avendo sull’economia del Paese, ma c’è un altro settore che sta pagando a caro prezzo questa crisi: il mondo dell’arte e dello spettacolo. In particolare, è il teatro a soffrire di più lo stato di paralisi attuale e con lui tutta quel mondo di attori, artisti e collaboratori tecnici, che ad oggi sono stati privati non solo del loro stipendio, ma anche di un luogo in cui esprimersi. In che modo questo settore, già così fragile, potrebbe sopravvivere a questa difficile fase? Lo abbiamo chiesto a Gabriele Altobelli, attore, scultore e presidente di Assoartisti (Confesercenti).
Come sta reagendo il mondo dell’arte e dello spettacolo alla crisi epocale rappresentata all’emergenza Coronavirus? Al momento c’è sicuramente molto smarrimento, soprattutto a causa di questa totale assenza di risposte per quanto riguarda quella che sarà la soluzione contro l’emergenza Coronavirus, ad oggi molto lontana. Per quanto riguarda il settore del teatro, in particolare, la situazione è drammatica: a quanto sembra, nella migliore delle ipotesi si dovrà attendere gennaio 2021 per poter tornare in sala, sempre a patto che venga trovato un rimedio farmacologico o un vaccino al virus, altrimenti la situazione è praticamente senza soluzioni.
Abbiamo visto diverse forme di resistenza a questa emergenza, come video proiezioni di spettacoli di stagioni teatrali passate (Teatro Massimo di Palermo) o messe in scena teatrale in diretta su Facebook (Teatro pubblico Ligure). Pensa che queste iniziative saranno in grado di traghettare il settore fuori dal periodo di emergenza? Si tratta assolutamente di iniziative pregevoli, ma chiaramente non sono sufficienti a sostenere la vita di ogni artista, che, come ogni altro cittadino, ha le sue bollette e spese da pagare. Inoltre, si stratta quasi sempre di messe in scene passate, il cui valore è certamente quello di conservare un filo conduttore con il proprio pubblico, ma certo questo non può bastare.
Cosa potrebbe fare il governo per sostenere il teatro e garantire la sua sopravvivenza? Dati anche i motivi spiegati prima, abbiamo deciso di presentare al Ministro una proposta per traghettare la categoria del mondo teatrale fuori da questa fase così delicata e difficile: l’idea è quella di usufruire dei canali telematici di cui dispone Rai e Mediaset per tornare – come accadeva negli anni ’60 e ’70 – a portare il teatro in televisione, magari su un canale dedito. Quello quindi che dovrebbero fare il Ministero, le Regioni e le Camere di commercio è studiare un decreto ed un piano di finanziamenti ad hoc che permetta di realizzare un simile progetto, pur nel rispetto di tutte quelle che sono le norme di sicurezza, come accade già oggi in diversi programmi televisivi.
Come si potrebbe realizzare un simile progetto? Ci sono diverse opere teatrali che non richiedendo una stretta vicinanza tra gli attori potrebbero ben adattarsi alle esigenze di sicurezza, ovviamente sarà necessario mettere al servizio del teatro tutta quella tecnologia (un buon editing, dei montaggi tecnici) normalmente impiegata nel cinema, mentre tutto il lavoro con gli attori, precedente alla diretta, verrebbe svolto da remoto. Tutto questo richiederebbe un sostegno dagli enti pubblici per traghettare il mondo teatrale – in cui si muovono non solo gli attori, ma anche macchinisti, operatori ecc. – fuori da questo periodo, non solo per un’esigenza economica, ma anche per continuare a permettere agli artisti di esprimersi. Nella nostra idea si dovrebbe stabilire uno stipendio sindacale – da definire – uguale per tutti (ovvero una sorta di reddito di cittadinanza rivolto al mondo teatrale). E chissà se da questa idea potrebbero nascere nuove sperimentazioni artistiche e un nuovo modo di fare teatro in grado di sopravvivere anche dopo la riapertura delle sale. Questa potrebbe essere una soluzione, anche perchè l’idea di riaprire le sale, ma con poltrone alternate, non sarebbe in grado di sostenere la sopravvivenza delle compagnie.
Dal punto di vista economico, i sussidi economici previsti dal governo (il famoso bonus di 600) è sufficiente a tutelare gli artisti e gli attori in questo momento difficile? Si tratta di una misura una tantum, quindi non è assolutamente sufficiente se si ragiona a lungo termine. Inoltre, è necessario conservare quel contatto con il pubblico, vitale per il teatro. D’altronde questo mondo è già, 1economicamente parlando, piuttosto sofferente, si immagini da qui a due anni quale potrebbero essere le conseguenze di questa emergenza. Sicuramente è necessario fare qualcosa di più sostanzioso e concreto. D’altronde, anche altri ambiti dell’arte, come i musei, stanno creando delle strade alternative per non perdere i contatti con il proprio pubblico.
Queste iniziative di digitalizzazione dell’arte che accoglienza stanno avendo da parte del pubblico? Potrebbero essere un buon banco di prova per testare la fidelità del pubblico? Chi segue queste performance sicuramente fa già parte di un pubblico affezionato e queste attività hanno il vantaggio di mantenere vivo il rapporto con il pubblico. Ma il problema nasce per tutti quegli attori e/o artisti ancora non famosi – che sono la maggior parte –, un mondo sommerso che esiste e che quindi ha bisogno di essere sostenuto ancora di più. C’è tutto un mondo che tira avanti, facendo mille sacrifici, pur di portare avanti questa loro passione, ma che ora, essendo stati privati di un luogo dove esprimersi, rischia di scomparire. Inoltre, la proposta di cui le parlavo prima potrebbe essere anche un’opportunità per loro di venir scoperti: questo progetto potrebbe quindi dare nuove opportunità di crescita a tutta la categoria degli attori, ma anche a tutti quei collaboratori che lavorano dietro il palcoscenico, ovvero all’intera filiera del teatro.
(da kongnews.it)